La pastiera a Roma, buona come a Napoli

Storia, leggende e ricetta della pastiera, uno dei dolci tipici di Pasqua, immancabile sui banconi di De Santis Santa Croce

Tra uovo e colomba spunta la pastiera. Ai due dolci tipici del periodo pasquale spesso si preferisce, o si accompagna, questa torta dolce che potremmo definire un’antenata della moderna cheesecake. La tradizione napoletana impone i canditi, ma sono ben accetti anche marmellata o cioccolata che ben si legano con la ricotta, tipica di questo dolce. E come ogni ricetta che nasce per una festa cristiana, storia e leggenda si mischiano nell’origine della pastiera, di cui vi parliamo in questo articolo.

Come si prepara

La pastiera napoletana a Roma - De Santis Santa Croce

La pastiera napoletana a Roma – De Santis Santa Croce

Come ogni ricetta che si rispetti, non esiste una versione originale accettata in modo unanime. Ci sono alcune variabili per la ricetta della pastiera che, però, hanno una base fissa. Se questo dolce è riuscito a strappare un sorriso alla burbera regina Maria Teresa D’Austria, come vi racconteremo tra poco, gran parte del merito è della ricotta che tiene insieme la consistenza dell’impasto con la morbidezza della frolla di farina, uovo, zucchero semolato e strutto (o burro). Al piacere della ricotta si associa anche un uso limitato dello zucchero, per far sì che non sia così invasivo nel risultato finale. Nella ricetta della pastiera troviamo, oltre alla ricotta, la tradizionale frutta candita, la vaniglia, scorza d’arancia o di limone e la cannella in polvere.

Da De Santis Santa Croce puoi trovare la ricetta della pastiera originale partenopea preparata dalle mani delicate dei nostri maestri pasticceri.

Linea artigianale di Pasqua - Pastiera - Roma - De Santis Santa Croce (4)

La pastiera a Roma – De Santis Santa Croce

I cesti delle mogli

Un primo racconto su questa torta di pasta frolla ha radici marittime. Si narra, infatti, che in antichità, sulla riva del mare, si radunassero di notte le mogli dei pescatori. In spiaggia lasciavano alcuni cestini con grano, uova, ricotta, frutta candita e fiori d’arancio: una sorta di offerta per il Mare visto come una divinità, per far sì che i mariti tornassero a casa sani e salvi. Il mattino successivo, quando tornavano in spiaggia, le donne ritrovavano in quei cesti delle vere e proprie torte, ottenute dai prodotti lasciati in riva mescolati dalle onde del mare. In quel modo era nata la pastiera.

La burbera Maria Teresa D’Austria

Un’altra versione sulla storia della pastiera nasce dal carattere burbero di Maria Teresa d’Austria, regina delle Due Sicilie nell’Ottocento. Il marito, Ferdinando II di Borbone, sembra che fosse molto goloso di dolci, soprattutto della pastiera. Convinse la moglie ad assaggiare una fetta in pubblico, episodio che le strappò anche un sorriso. Un evento talmente raro che Ferdinando pare che commentò: «Ci voleva la pastiera per far sorridere mia moglie, ora aspettiamo la prossima Pasqua».

La primavera

Questo dolce tipico napoletano è molto legato alla primavera e al significato di rinascita dopo il letargo invernale. Come già visto, la sua storia è molto legata al mare: un’altra leggenda riguarda infatti i pescatori. Dopo essere usciti con le loro barche, erano rimasti in mare aperto per quasi due giorni in balia delle onde e del maltempo. Fortunatamente riuscirono a tornare a riva e in molti si chiedevano come avessero fatto a resistere. I pescatori risposero che avevano mangiato la pasta che avevano portato a bordo, con ricotta, aromi, grano e uova. Praticamente la ricetta della pastiera che conosciamo.

La regina Partenope

L’origine napoletana di questo dolce nasce dalla storia della regina Partenope. Siamo nell’era in cui la storia si unisce al mito, durante l’epoca romana o addirittura greca. Partenope, fondatrice di Napoli, scelse la sua dimora da sirena proprio nel Golfo del capoluogo. Da lì poteva irradiare la sua voce molto melodica e raffinata. Come segno di ringraziamento, la popolazione le portava in dono i prodotti della terra: la ricotta, simbolo di abbondanza; la farina, che ricordava la ricchezza; le uova, in onore della fertilità; il grano cotto nel latte, con la fusione tra regno animale e vegetale; i fiori d’arancio della terra campana; le spezie, che univano i popoli lontani e lo zucchero come omaggio alla dolcezza del canto. La reazione di Partenope fu quella di mescolare le prelibatezze ricevute, da cui nacque la pastiera.

Il culto di Cerere

Restando in tema sacro e profano, c’è un’altra ipotesi riconduce la storia del dolce al culto di Cerere, antica dea della maternità e della fertilità. Le sacerdotesse, per onorarla, portavano in processione l’uovo, simbolo di rinascita o di resurrezione se collegato al cristianesimo. Le due tradizioni furono unite, secoli dopo, dalle suore del convento di San Gregorio Armeno nel 1500. Le religiose napoletane cucinarono insieme i simboli cristiani come grano, uova e ricotta con le spezie tipiche del mondo orientale e i fiori d’arancio del giardino. Ne venne fuori un impasto profumato e appetitoso, ovvero la pastiera che oggi conosciamo.

 

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